Il G20 di Osaka ha lasciato molti punti interrogativi in relazione agli accordi tra le grandi potenze mondiali. Nonostante si possano trovare numerosi articoli che discutono le conseguenze dell’evento, le informazioni relative ai contenuti discussi sono quanto mai scarse. Ad esempio sappiamo che gli Stati Uniti hanno alleggerito la loro posizione sui dazi alla Cina, ma non siamo a conoscenza di cosa abbia portato a questa decisione. O ancora che il Presidente americano ha voluto lasciare il segno incontrando il suo corrispettivo nord-coreano, ma non ne conosciamo il motivo. Neppure sappiamo se questo atto fosse la conseguenza di un accordo precedentemente preso o ‘solo’ un segnale indicante a terze parti la buona volontà degli USA per un qualsivoglia motivo a noi sconosciuto. Una cosa però e certa, e cioè che la guerra economica ha subito un rallentamento, infatti i mercati hanno immediatamente risposto in modo positivo alle dichiarazioni post-G20.
Siamo tutti a conoscenza di come gli attriti tra USA e Cina (con la Russia come gigante osservatore) siano aumentati dopo la firma del Memorandum of Understanding tra Cina ed Italia, la quale ha acconsentito all’uso del Porto di Trieste dando quindi un ingresso nella UE al colosso orientale. Accordo che gli Stati Uniti hanno dichiaratamente apprezzato poco. Il possibile utilizzo da parte cinese del Porto Internazionale di Trieste (al momento sotto amministrazione italiana) è di fatto responsabilità di USA e Regno Unito per conto delle Nazioni Unite, e pare logico capire che la ‘cessione’ di gran parte di esso crei irritazione agli USA, non solo relativamente alla tensione commerciale con la Cina, ma anche considerando la vicinanza della base di Aviano ed il rischio di sviluppo di tecnologia 5G cinese nel Porto di Trieste. Successivamente alla firma del MoU sono seguiti una serie di incontri ed interscambi (anche indiretti) che hanno coinvolto quattro dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e un subdolo allontanamento dell’Italia dai vertici delle istituzioni UE che potrebbe essere parte degli stessi attriti internazionali conseguenti all’ambiguo comportamento del Belpaese.
Impossibile non considerare quindi la possibilità che al G20 si sia parlato proprio di Trieste e del suo porto, degli accordi presi in ambito commerciale e dei possibili scenari futuri, al fine di far decrescere la tensione mondiale in una visione di win-win.
Bisogna ricordare che Trieste ha infatti una particolarità unica al mondo, un Porto libero Internazionale in un Territorio dell’ONU, peculiarità temporaneamente accantonate negli ultimi decenni, ma mai cancellate, e forse – proprio nel momento in cui il bilanciamento del potere globale si sta modificando – queste vengono rispolverate. Inoltre, vista l’importanza geopolitica che Trieste ricopre (il “geo” nella parola geopolitica non può essere ignorato) ed il suo carattere di internazionalità ed apertura completano un quadro ben conosciuto quelli che contano. La Cina non è esente da questa consapevolezza, come non lo sono gli altri paesi, inclusi USA e Regno Unito, e anche quest’ultimo potrebbe avere un particolare interesse nel post-Brexit. Trieste potrebbe quindi essere la chiave per una svolta in ambito economico globale per la ricerca di una soluzione pacifica che accontenti tutti (o almeno in parte), trasformandola in un hub collettivo di scambio libero in cui ad ognuno spetta una fetta della torta.
Un’ultima necessaria considerazione rivolta a quanti affermano che Trieste non è o non è mai stata un Territorio Libero, e che utilizzano una propaganda persuasiva volta a mantenere lo status quo. Andrebbe infatti loro ricordato che quando si discute in termini di relazioni internazionali, quanto accaduto 70 anni fa è da considerarsi come fosse ieri, e che non esiste alcun documento che ristabilisca la (breve) sovranità dell’Italia su Trieste. Le dichiarazioni che vergono su una presunta non-esistenza del Territorio Libero di Trieste sono solo propaganda e cattiva informazione che hanno ancora presa su una (seppur ormai ridotta) parte della popolazione locale, ma non hanno, di fatto, alcun fondamento.
È quindi possibile e non azzardato affermare, anche alla luce di quanto sta avvenendo sul Territorio stesso – investimenti senza precedenti da paesi terzi che l’attuale amministrazione fatica a gestire – che Trieste è di nuovo al centro delle politiche internazionali (strategiche ed economiche in primis, come anche in molti altri settori) e che ci si può aspettare novità nel prossimo futuro, sempre con la speranza che siano foriere di crescita, sviluppo e riconoscimento globale del Territorio e del suo valore, spesso ottenebrato da un’amministrazione straniera incapace di indirizzare la città verso il destino che le spetta quale fulcro di unità mondiale sotto l’egida delle Nazioni Unite.