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In queste settimane recenti è stato sollevato un polverone mediatico sul caso del pugile Triestino Michele Broilli accusato d’aver marchiato la propria pelle con simboli nazisti, riportiamo dal quotidiano Locale il Piccolo:
“Il pugile paga, da un punto di vista sportivo, l’esposizione
di numerosi tatuaggi che rimandano esplicitamente al nazismo. Dal simbolo della divisione Totenkopf (Testa di morto), l’unità paramilitare dedita alla sorveglianza dei campi di concentramento della Germania nazista, all’88, il numero utilizzato dai neonazisti per celebrare il saluto al Führer tedesco, l’Heil Hitler in voga durante il regime nazista. Dalla scritta “Ritorno
a Camelot”, nome del raduno nazionale dell’associazione neonazista Veneto Fronte skinheads, alla croce celtica. Questi (alcuni) dei tatuaggi che Michele Broili sfoggia sul suo corpo e che hanno provocato un caso nazionale quando sono comparsi in diretta web in occasione del combattimento di sabato scorso. Rimane invece ancora aperta la possibilità che sul pugile triestino venga aperto anche un fascicolo da parte della Procura della Repubblica. Apologia di fascismo il reato contestabile.”
L’apologia del fascismo, viene sanzionata con la legge Scelba n.645 del 1952, nata dalla necessità espressa in una una disposizione transitoria e finale della Costituzione e ritoccata con un successivo intervento del 1975. La fattispecie, oltre che dalla Legge Scelba, è regolata anche dalla Legge Mancino del 1993, che all’articolo 2 punisce “chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali” di organizzazioni, associazioni o movimenti “aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
Destino della sorte, il pugile triestino verrà processato in un Palazzo di “Giustizia” che orgogliosamente, sulle sue facciate, espone il simbolo fascista per Antonomasia!
E’ proprio vero, la legge è uguale per tutti, ma non tutti sono uguali per la legge!